Onorevoli Colleghi! - La relazione di diciannove dei circa trenta sindaci candidatisi per la terza volta consecutiva, nelle recenti elezioni amministrative, ha reso ancora più urgente una risposta definitiva all'annoso problema del cosiddetto «divieto di terzo mandato».
Come è noto, l'entrata in vigore della legge 25 marzo 1993, n. 81, confluita nel testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ha profondamente modificato i rapporti tra corpo elettorale e amministrazioni locali, spingendo sempre di più i cittadini, mediante l'istituto della elezione diretta, a valutare le candidature alla luce di programmi e affidabilità delle persone, più che delle indicazioni di partito.
L'articolo 51, al comma 2, tuttavia, stabilisce che un sindaco possa assumere solo due mandati consecutivi, limitando di fatto la possibilità di assicurare stabilità e continuità all'azione amministrativa.
Sebbene sia pacifica la ratio del divieto, il quale trova il suo fondamento nella esigenza di evitare fenomeni di malcostume e irregolarità amministrative, non bisogna dimenticare, però, come due mandati siano spesso insufficienti per avviare e completare un programma di risanamento delle città.
Sono emerse, peraltro, soprattutto nei piccoli comuni, alcune difficoltà rispetto alla formazione di una classe dirigente locale in grado di subentrare senza difficoltà alla guida delle amministrazioni, dal momento che il crescente impegno e la